Celebrazioni del triduo pasquale in parrocchia:
- giovedì santo, 29 marzo: ore 20.30 Messa della cena del Signore e lavanda dei piedi; la chiesa rimane aperta per tutta la notte per chi desidera dedicare un po’ di tempo alla veglia e alla preghiera;
- venerdì santo, 30 marzo: ore 18 liturgia della Passione; ore 20.30 Via crucis da Pieve Corleto a Basiago;
- sabato santo, 31 marzo: ore 20.30 solenne Messa di risurrezione.
Il Triduo pasquale ci introduce al mistero del Corpo di Cristo che è la Chiesa, ci “inizia” alla Pasqua, che si celebra in 3 giorni (triduo) e poi in “7 volte 7 giorni” (cinquanta giorni del tempo pasquale fino a Pentecoste). Triduo non è “tre giorni di preparazione alla Pasqua”, ma “festa di Pasqua su tre giorni”.
La centralità del Triduo pasquale è gradualmente riemersa negli ultimi 70 anni. La Settimana santa per secoli non riconobbe la centralità del Triduo. Anche quando il Sacro Triduo venne valorizzato, come nel nuovo rito del 1955 voluto da Pio XII, esso appariva semplicemente equiparato agli «ultimi tre giorni della quaresima» ed era costituito dal giovedì, venerdì e sabato santo. Cominciava la mattina del giovedì e finiva con i Vespri del sabato, lasciando fuori la domenica di Risurrezione.
Solo nel 1969 si giunge alla celebrazione attuale: il Triduo cambia nome (non più Sacro Triduo, ma Triduo pasquale), cambia “logica rituale” e cambia “interpretazione teologica”. La logica rituale considera il Triduo come tre giorni, contando da tramonto a tramonto: dalla “Messa della cena del Signore” del giovedì sera alla sepoltura del crocifisso la sera del venerdì (primo giorno); dal tramonto del venerdì a quello del sabato, nella comunione con i defunti (secondo giorno); dalla veglia pasquale ai vespri della Domenica di Risurrezione (terzo giorno). Questo porta a una vera conversione sul piano teologico: il Triduo non riguarda più semplicemente la passione o la sepoltura del Signore, ma abbraccia passione morte e risurrezione: è insieme sofferenza e rinascita. E ogni giorno del triduo è Pasqua. Si esce così dalla tradizione che celebrava “due tridui” – il triduo della Passione e quello della Risurrezione – e si recupera la tradizione antica, che unifica in un solo triduo passione, morte e resurrezione del Signore.
Questa unità di struttura rituale e di ermeneutica teologica rilegge il mistero pasquale, integrando la celebrazione ecclesiale all’interno del mistero stesso. La pasqua rituale e la pasqua storica – ossia il rito della Cena e la morte in croce – con la pasqua escatologica del “sepolcro pieno” si compiono nella pasqua ecclesiale: come diceva S. Agostino il transitus Christi (pasqua di Cristo) si compie e si rinnova nel transitus christianorum (pasqua dei cristiani). La comunità celebrante è parte integrante del mistero celebrato: con il Signore risorge anche la sua Chiesa, che raccoglie il Triduo tra l’ultima cena con Gesù e la prima eucaristia con il Signore.
Andrea Grillo